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I nostri ministri
#16
Tutti si riempiono la bocca con il terremoto di Haiti... ma della situazione a L'Aquila i grandi media dicono cavolate
Editorialedi Carlo Cipiciani (Comicomix)
Abruzzo, i “risultati straordinari” di Berlusconi
pubblicato il 20 gennaio 2010 alle 09:00 dallo stesso autore - torna alla home

In principio fu il terremoto. L’Aquila cadde sotto i colpi impietosi del sisma. Il centro storico semidistrutto, decine di morti, migliaia di sfollati. Ma dopo poche ore dal sisma, quando ancora nessuno era in grado di stabilire con certezza il numero di senza tetto, Silvio Ghe pensi mì Berlusconi aveva già la soluzione: non sarebbe stato come in altri terremoti, con le tende, poi i container, poi i moduli in legno, anni in attesa di vedere la propria casa ricostruita. No: per l’Aquila la sua idea era una new town costruita vicino all’Aquila vecchia.

Solo che le case in realtà erano C.A.S.E., Complessi Antisismici Sostenibili Ecocompatibili, da tirare su alla svelta, entro settembre, prima che il freddo cominciasse a mordere la gente alloggiata nelle tendopoli. Se ne prevedevano circa 4.500 per 15 mila persone, anche se la rilevazione dei danni non era ancora partita. Berlusconi non aveva dubbi, mentre il Sindaco de L’Aquila, Massimo Cialente, cominciava a borbottare che, secondo lui, le C.A.S.E. non sarebbero bastate per tutti.

Infatti, dopo qualche settimana, qualcuno si accorse che difficilmente ci sarebbero state C.A.S.E. sufficienti per tutti i senza tetto. E anche quelle previste non sarebbero state consegnate nei tempi stabiliti. Il sindaco Cialente convinse Bertolaso che era il caso di tornare ai cari vecchi moduli abitativi in legno, quelli che dal Friuli in poi ospitano in modo dignitoso chi subisce la tragedia del terremoto. Silvio ghe pensi mì Berlusconi accettò, ma non lo fece sapere troppo in giro.

Venne settembre e il giorno della grande consegna. Era tutto pronto: telecamere, giornalisti, madonnine piangenti e Bruno Vespa. Mancavano solo le case, anzi le C.A.S.E. Per fortuna, grazie al Sindaco de L’Aquila, alla Provincia di Trento e alla Croce Rossa Italiana, ad Onna erano stati montati dalla protezione civile trentina 94 appartamenti prefabbricati in legno che avrebbero ospitato oltre 200 persone. Silvio ghe pensi mì Berlusconi si dimenticò di dire che c’erano altri 30 mila che aspettavano nelle tende o negli alberghi sulla costa, e che ancora le “sue” C.A.S.E. non erano pronte. Dettagli senza importanza.

A dicembre nevicava su L’Aquila, il sindaco Cialente protestava, ma nessuno lo stava a sentire, anzi chi passava da quelle parti raccontava che a L’Aquila c’era di nuovo il bengodi. Qualcuno invece scriveva che la città stava morendo, tra ricostruzione che non partiva, C.A.S.E. in ritardo e comunque insufficienti, e più di 20 mila persone ancora sballottate tra caserme, alberghi, mentre sulle case (quelle vere) del centro storico de L’Aquila ridotte a cumuli di macerie nasceva l’erbetta.

Ma ieri il Presidente del consiglio era di nuovo a L’Aquila, pronto a inaugurare nella frazione di Cansatessa altre abitazioni. Ma non erano case e nemmeno C.A.S.E. E non era neppure un’inaugurazione. Silvio è andato a visitare dei Map, Moduli abitativi provvisori in legno, fortissimamente voluti dal sindaco Cialente che li aveva consegnati dieci giorni fa. Sindaco che ha dovuto assistere all’ennesimo show di Ghe pensi mì che ha parlato di “risultati straordinari, nonostante fossero stati fissati tempi stretti per la realizzazione di tutte queste case”. Non ha detto Map e neppure C.A.S.E: ha detto proprio Case.

I risultati straordinari di cui parla Berlusconi sono consultabili nel sito della protezione civile: al 10 gennaio 2010 solo 11.672 persone stanno nella C.A.S.E., 1.707 nei Map, tra cui quelli di Casantessa. Altri 30.366 hanno trovato casa per conto loro, con un contributo a carico dello Stato, mentre altri 10.173 continuano a stare tra alberghi sulla costa e caserme. La ricostruzione non è neppure iniziata, le macerie continuano ad essere tutte lì. Silvio ghe pensi mì Berlusconi continua a vantarsi. E l’Abruzzo resta a guardare, mentre il sindaco Cialente mastica amaro.
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